"Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva
dal basso per chiudere verso sud il continente tra due mari (....) è un così bizzarro groviglio di pareti montuose a ridosso l'una dall'altra;
spesso non si può nemmeno distinguere in che direzione scorre l'acqua."
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
Gli Articoli di Aldo:
CAMERATA DE’ BARDI: UN ALTRO TRIONFO (2016-01-28)
Al Teatro Giotto di Borgo S. Lorenzo nessuno può dire di giocare in casa. La sua acustica si può paragonare a un mito dell’800, la belle dame sans merci cantata da John Keats. Una bellissima dama spietata. Non assassina, non crudele, ma spietata. Che non perdona nulla. Una nota presa un quarto di tono sotto, nel mezzo dell’orchestra, non solo si sente, ma si capisce pure chi è stato. Dalla mia posizione udivo distintamente i voltar pagina degli spartiti. Chi si esibisce su questo palcoscenico, insomma, deve essere davvero bravo, singolarmente e in gruppo, e solo in questo caso l’acustica del Giotto perderà la spietatezza e lo ricompenserà. Alla grande. Così è stato la sera di giovedì 21 gennaio 2016. La Camerata de’ Bardi aveva da cimentarsi in una delle prove dell’esistenza di Dio: la Quinta Sinfonia in do minore di Beethoven. Il Maestro Andrea Sardi, in stato di grazia, ha restituito in tutto il suo splendore originale una partitura colossale quanto complessa, facendo dimenticare tutti i saccheggi di cui è stata vittima – la popolarità ha un costo, purtroppo -, dalle colonne sonore alle rielaborazioni disco, agli impieghi nelle pubblicità, nei talk show e via elencando.
La seconda parte del concerto è stata dedicata a brani da opere italiane. Classici, certo, ma non esattamente di tutto riposo. E non solo per i motivi anzidetti. Arie di solito cantate col solo accompagnamento del pianoforte sono state eseguite con l’orchestrazione originale, non di rado estremamente articolata e multiforme, e ancora una volta la Camerata ha saputo disimpegnarsi magnificamente e fornire ai solisti una base ben più solida e coinvolgente, non di rado da coprotagonista. Laura Andreini e (in sostituzione all’ultimissimo minuto di Simone Mugnaini colto da laringite) Mattia Nebbiai cantavano in uno spazio piuttosto striminzito e hanno dovuto limitare la loro istintiva gestualità, onde evitare che gli orchestrali più vicini si beccassero qualche involontario manrovescio. Ma la bravura di entrambi ha fruttato loro per cominciare un applauso a scena aperta ciascuno: Laura per Una voce poco fa, Mattia per il fatidico Nessun dorma, per giunta a ruota dopo un Di quella pira concluso da un do di petto di quasi venti secondi! La Corale Santa Cecilia, poi, reduce dal trionfo dell’impegnativo Requiem di Fauré (30 dicembre scorso in Pieve), ha avuto compiti certo di minor complessità esecutiva, ma che comunque non consentivano distrazioni. Non solo distrazioni non ce ne sono state, ma in particolare il vero e proprio tappeto sonoro fornito all’interpretazione di Casta diva da parte di Laura ha contribuito in modo decisivo a un’esecuzione da brividi, che il pubblico non dimenticherà facilmente.
Già, il pubblico. Il teatro era esaurito. Molti ragazzi presenti. Entusiasmo generale e palpabile fin da quando si sono abbassate le luci. Standing ovation per Beethoven, urla di bravi alla fine delle arie, fino all’imposizione finale di un doppio (!) Brindisi della Traviata che riuniva tutto il corpo musicale, solisti orchestra & coro.
Alla fine, la mia amica Paola Leoni ha intervistato tutti i protagonisti principali per Tele Iride. Resta da ricordare che l’evento ha avuto il patrocinio del Comune di Borgo S. Lorenzo ed è stato organizzato con la collaborazione della Schola Cantorum Santa Cecilia, dell’Associazione culturale Camerata de’ Bardi, del Teatro Giotto – Accademia degli Audaci. Il ricavato della vendita del programma di sala, in cui è felicemente inclusa la ricetta delle folaghe alla Puccini, andrà alla fondazione on-lus Il cuore si scioglie.
Paolo Marini
Nato a Firenze nel 1960, vive a Vicchio dal 1999. È laureato in Scienze Naturali, musicista dilettante, fotografo. Ha collaborato con Il Galletto dal 2008 al 2014, pubblicando oltre 850 articoli. Attualmente scrive sporadicamente su OkMugello e Il Filo. Fa parte dell’Associazione Giotto e l’Angelico e dell’Associazione E20 – Eccezionali Eventi. Con quest’ultima in particolare, di cui è Consigliere, sta svolgendo una intensa attività di divulgazione culturale in collaborazione con alcuni Quartieri di Firenze e con vari Comuni del territorio fiorentino.
CAMERATA DE’ BARDI: UN ALTRO TRIONFO (2016-01-28)
Al Teatro Giotto di Borgo S. Lorenzo nessuno può dire di giocare in casa. La sua acustica si può paragonare a un mito dell’800, la belle dame sans merci cantata da John Keats. Una bellissima dama spietata. Non assassina, non crudele, ma spietata. Che non perdona nulla. Una nota presa un quarto di tono sotto, nel mezzo dell’orchestra, non solo si sente, ma si capisce pure chi è stato. Dalla mia posizione udivo distintamente i voltar pagina degli spartiti. Chi si esibisce su questo palcoscenico, insomma, deve essere davvero bravo, singolarmente e in gruppo, e solo in questo caso l’acustica del Giotto perderà la spietatezza e lo ricompenserà. Alla grande. Così è stato la sera di giovedì 21 gennaio 2016. La Camerata de’ Bardi aveva da cimentarsi in una delle prove dell’esistenza di Dio: la Quinta Sinfonia in do minore di Beethoven. Il Maestro Andrea Sardi, in stato di grazia, ha restituito in tutto il suo splendore originale una partitura colossale quanto complessa, facendo dimenticare tutti i saccheggi di cui è stata vittima – la popolarità ha un costo, purtroppo -, dalle colonne sonore alle rielaborazioni disco, agli impieghi nelle pubblicità, nei talk show e via elencando.
La seconda parte del concerto è stata dedicata a brani da opere italiane. Classici, certo, ma non esattamente di tutto riposo. E non solo per i motivi anzidetti. Arie di solito cantate col solo accompagnamento del pianoforte sono state eseguite con l’orchestrazione originale, non di rado estremamente articolata e multiforme, e ancora una volta la Camerata ha saputo disimpegnarsi magnificamente e fornire ai solisti una base ben più solida e coinvolgente, non di rado da coprotagonista. Laura Andreini e (in sostituzione all’ultimissimo minuto di Simone Mugnaini colto da laringite) Mattia Nebbiai cantavano in uno spazio piuttosto striminzito e hanno dovuto limitare la loro istintiva gestualità, onde evitare che gli orchestrali più vicini si beccassero qualche involontario manrovescio. Ma la bravura di entrambi ha fruttato loro per cominciare un applauso a scena aperta ciascuno: Laura per Una voce poco fa, Mattia per il fatidico Nessun dorma, per giunta a ruota dopo un Di quella pira concluso da un do di petto di quasi venti secondi! La Corale Santa Cecilia, poi, reduce dal trionfo dell’impegnativo Requiem di Fauré (30 dicembre scorso in Pieve), ha avuto compiti certo di minor complessità esecutiva, ma che comunque non consentivano distrazioni. Non solo distrazioni non ce ne sono state, ma in particolare il vero e proprio tappeto sonoro fornito all’interpretazione di Casta diva da parte di Laura ha contribuito in modo decisivo a un’esecuzione da brividi, che il pubblico non dimenticherà facilmente.
Già, il pubblico. Il teatro era esaurito. Molti ragazzi presenti. Entusiasmo generale e palpabile fin da quando si sono abbassate le luci. Standing ovation per Beethoven, urla di bravi alla fine delle arie, fino all’imposizione finale di un doppio (!) Brindisi della Traviata che riuniva tutto il corpo musicale, solisti orchestra & coro.
Alla fine, la mia amica Paola Leoni ha intervistato tutti i protagonisti principali per Tele Iride. Resta da ricordare che l’evento ha avuto il patrocinio del Comune di Borgo S. Lorenzo ed è stato organizzato con la collaborazione della Schola Cantorum Santa Cecilia, dell’Associazione culturale Camerata de’ Bardi, del Teatro Giotto – Accademia degli Audaci. Il ricavato della vendita del programma di sala, in cui è felicemente inclusa la ricetta delle folaghe alla Puccini, andrà alla fondazione on-lus Il cuore si scioglie.
Paolo Marini
Nato a Firenze nel 1960, vive a Vicchio dal 1999. È laureato in Scienze Naturali, musicista dilettante, fotografo. Ha collaborato con Il Galletto dal 2008 al 2014, pubblicando oltre 850 articoli. Attualmente scrive sporadicamente su OkMugello e Il Filo. Fa parte dell’Associazione Giotto e l’Angelico e dell’Associazione E20 – Eccezionali Eventi. Con quest’ultima in particolare, di cui è Consigliere, sta svolgendo una intensa attività di divulgazione culturale in collaborazione con alcuni Quartieri di Firenze e con vari Comuni del territorio fiorentino.