"Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva
dal basso per chiudere verso sud il continente tra due mari (....) è un così bizzarro groviglio di pareti montuose a ridosso l'una dall'altra;
spesso non si può nemmeno distinguere in che direzione scorre l'acqua."
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
L'arte del mugnaio è stata sempre veramente tramandata da generazione in generazione.
L'esperienza acquisita dopo aver affiancato a lungo l'anziano genitore veniva così ad essere salvaguardata nelle abili mani del successivo giovane mugnaio.
La manutenzione del canale di derivazione, l'efficienza delle paratoie, la pulizia delle docce ed il controllo del corretto funzionamento delle ruote a catini sono solamente alcuni degli impegnativi compiti che questi doveva svolgere.
La totalità delle strutture lignee e dei vari manufatti murari erano costruiti interamente dal mugnaio. Questi veniva ad essere affiancato dal fabbro soltanto per quanto concerneva l'albero di trasmissione ed alcuni particolari metallici minori.
L'esperienza del mugnaio spaziava a largo raggio.
egli doveva anche comprendere compiti al di fuori della vera e propria attività macinatoria.
Doveva stimare il livello di essiccazione dei cereali, quantificarne la loro resa in termini di farina.
Quando i clienti giungevano al mulino con al seguito i loro modesti carichi di graminacee o castagne, cominciava il suo specifico compito.
Dopo aver effettuato, mediante vagli, la pulitura del prodotto da trattare, provvedeva all'esatta pesatura riponendone il contenuto nell'apposita stadera.
Disponeva le graminacee stendendole in un capiente contenitore che poteva ospitare fino a venti chilogrammi. Da questi li versava nella tramoggia. Da questa cadevano nel sottostante occhio della macina superiore. La quantità veniva impostata dal mugnaio, secondo suoi precisi calcoli, azionando un cassetto che era fissato, mediante cerniere, sotto la base della tramoggia.
Una lunga asticina vibrava per il movimento della macina. Una campanella suonando, avvisava acusticamente il mugnaio di effettuare una successiva riempitura della tramoggia.
La macina inferiore era fissa, mentre quella superiore ruotava. Le macine erano di peso elevato e potevano superare anche la tonnellata.
In ambito locale esistevano esperti artigiani nel campo della difficile produzione delle macine nella vicina località di Carpineta, altre provenivano da fuori regione.
Questa, di forma circolare, presentava delle scolpiture che partendo dal suo perno centrale si sviluppavano verso l'esterno in modo dolcemente curvilineo. Avevano lo scopo di ridurre l'attrito generato dal rotolamento e facilitavano la fuoriuscita della farina.
Le macine erano cerchiate nella parte esterna da un robusto ferro che ne aumentava le caratteristiche meccaniche. Un telaio ligneo si sviluppava al loro perimetro esterno con lo scopo di contenere la dispersione della farina.
Finalmente la farina ottenuta, cadeva in una vasca sottostante posta dinanzi al basamento delle macine.
Il mugnaio raccoglieva la polvere ottenuta con la caratteristica pala in legno e la riponeva ordinatamente nei vari sacchi di cordame e liuta.
Il compenso del mugnaio detto la molenda veniva calcolato, considerando l'eventuale calo durante la lavorazione, con un parametro che oscillava intorno al cinque percento del prodotto macinato.
In alcuni sporadici casi si usava denaro o si barattavano altri generi alimentari.
L'intera antica arte del mugnaio era sì un'attività prettamente manuale ma a coordinare tutto l'operato era indispensabile una mente sveglia e un cervello fino.
L'esperienza acquisita dopo aver affiancato a lungo l'anziano genitore veniva così ad essere salvaguardata nelle abili mani del successivo giovane mugnaio.
La manutenzione del canale di derivazione, l'efficienza delle paratoie, la pulizia delle docce ed il controllo del corretto funzionamento delle ruote a catini sono solamente alcuni degli impegnativi compiti che questi doveva svolgere.
La totalità delle strutture lignee e dei vari manufatti murari erano costruiti interamente dal mugnaio. Questi veniva ad essere affiancato dal fabbro soltanto per quanto concerneva l'albero di trasmissione ed alcuni particolari metallici minori.
L'esperienza del mugnaio spaziava a largo raggio.
egli doveva anche comprendere compiti al di fuori della vera e propria attività macinatoria.
Doveva stimare il livello di essiccazione dei cereali, quantificarne la loro resa in termini di farina.
Quando i clienti giungevano al mulino con al seguito i loro modesti carichi di graminacee o castagne, cominciava il suo specifico compito.
Dopo aver effettuato, mediante vagli, la pulitura del prodotto da trattare, provvedeva all'esatta pesatura riponendone il contenuto nell'apposita stadera.
Disponeva le graminacee stendendole in un capiente contenitore che poteva ospitare fino a venti chilogrammi. Da questi li versava nella tramoggia. Da questa cadevano nel sottostante occhio della macina superiore. La quantità veniva impostata dal mugnaio, secondo suoi precisi calcoli, azionando un cassetto che era fissato, mediante cerniere, sotto la base della tramoggia.
Una lunga asticina vibrava per il movimento della macina. Una campanella suonando, avvisava acusticamente il mugnaio di effettuare una successiva riempitura della tramoggia.
La macina inferiore era fissa, mentre quella superiore ruotava. Le macine erano di peso elevato e potevano superare anche la tonnellata.
In ambito locale esistevano esperti artigiani nel campo della difficile produzione delle macine nella vicina località di Carpineta, altre provenivano da fuori regione.
Questa, di forma circolare, presentava delle scolpiture che partendo dal suo perno centrale si sviluppavano verso l'esterno in modo dolcemente curvilineo. Avevano lo scopo di ridurre l'attrito generato dal rotolamento e facilitavano la fuoriuscita della farina.
Le macine erano cerchiate nella parte esterna da un robusto ferro che ne aumentava le caratteristiche meccaniche. Un telaio ligneo si sviluppava al loro perimetro esterno con lo scopo di contenere la dispersione della farina.
Finalmente la farina ottenuta, cadeva in una vasca sottostante posta dinanzi al basamento delle macine.
Il mugnaio raccoglieva la polvere ottenuta con la caratteristica pala in legno e la riponeva ordinatamente nei vari sacchi di cordame e liuta.
Il compenso del mugnaio detto la molenda veniva calcolato, considerando l'eventuale calo durante la lavorazione, con un parametro che oscillava intorno al cinque percento del prodotto macinato.
In alcuni sporadici casi si usava denaro o si barattavano altri generi alimentari.
L'intera antica arte del mugnaio era sì un'attività prettamente manuale ma a coordinare tutto l'operato era indispensabile una mente sveglia e un cervello fino.
Autore : MAURIZIO VALENTINI
Mulini Pianesi
Realizzato da: Centro Documentazione Pianese
Associazione Valorizziamo Pian del Voglio
MULINO DELLA VALLE
Facciata Mulino della Valle