"Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva
dal basso per chiudere verso sud il continente tra due mari (....) è un così bizzarro groviglio di pareti montuose a ridosso l'una dall'altra;
spesso non si può nemmeno distinguere in che direzione scorre l'acqua."
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
Gli Articoli di Aldo:
Grandi personaggi del Risorgimento in Mugello (2012-10-26)
Silvio Pellico a Barberino di Mugello (1846)
In pieno Risorgimento molti furono gli episodi che accaddero nel Mugello (vedi fra i tanti la fuga di Garibaldi per la Futa, nascosto dalla famiglia Tesi ) ma ci sono stati anche episodi davvero eclatanti che hanno visto in prima persona giungere nella nostra terra personaggi straordinari che hanno fatto la storia d'Italia; uno di questi era il leggendario Silvio Pellico. Prima di raccontare quel che avvenne a Barberino di Mugello, durante il governo granducale di Leopoldo II°, ecco una sua breve biografia: 'Silvio Pellico nacque a Saluzzo il 25 giugno 1789. Dopo aver studiato a Pinerolo ed a Torino, andò a Lione per fare pratica nel settore commerciale; rientrato in Italia nel 1809, si stabilì a Milano. Qui conobbe il Monti ed il Foscolo e qui cominciò a scrivere, all'incirca dal 1812, specialmente per il teatro, ideando tragedie formalmente ancora classiche, ma già romantiche da un punto di vista contenutistico. Nel 1815 fu rappresentata la sua tragedia 'Francesca da Rimini', in cui l'episodio dantesco venne interpretato alla luce delle forti influenze romantiche e risorgimentali con le quali Silvio Pellico era entrato in contatto nella città lombarda; sempre a Milano fu per qualche tempo direttore del Conciliatore. Fu proprio a causa del suo profondo afflato patriottico che nel '20 venne arrestato con l'accusa di carboneria: condannato a morte, la sentenza fu commutata in 15 anni di carcere duro, da scontare nella fortezza di Spielberg, in Moravia. Nel 1830 arrivò anticipatamente la grazia imperiale e, tornato in Italia, lo scrittore scelse Torino, si ritirò completamente dalla politica attiva e si estraniò dai circoli letterari, vivendo grazie ad un posto di bibliotecario presso la marchesa di Barolo. Ad ogni modo non dimenticò l'esperienza carceraria, un evento che divenne il soggetto dell'opera memorialistica 'Le mie prigioni', del 1832.
Nello scritto, il più conosciuto dell'autore, si narrano l'arresto, la vita nel carcere e la liberazione dello stesso Pellico, che volle però porre l'accento (in stile manzoniano) sul percorso spirituale legato alla vicenda, i cui effetti furono la riscoperta della fede ed una rassegnata indulgenza verso l'esistenza e verso gli esseri umani. Tanto in carcere quanto dopo la liberazione compose diverse tragedie (Ester d'Engaddi, Iginia d'Asti, Gismonda, Erodiade, Tommaso Moro), alcune cantiche (Tancredi, Morte di Dante) e varie liriche. Morì a Torino il 31 gennaio 1854
Grandi personaggi del Risorgimento in Mugello (2012-10-26)
Silvio Pellico a Barberino di Mugello (1846)
In pieno Risorgimento molti furono gli episodi che accaddero nel Mugello (vedi fra i tanti la fuga di Garibaldi per la Futa, nascosto dalla famiglia Tesi ) ma ci sono stati anche episodi davvero eclatanti che hanno visto in prima persona giungere nella nostra terra personaggi straordinari che hanno fatto la storia d'Italia; uno di questi era il leggendario Silvio Pellico. Prima di raccontare quel che avvenne a Barberino di Mugello, durante il governo granducale di Leopoldo II°, ecco una sua breve biografia: 'Silvio Pellico nacque a Saluzzo il 25 giugno 1789. Dopo aver studiato a Pinerolo ed a Torino, andò a Lione per fare pratica nel settore commerciale; rientrato in Italia nel 1809, si stabilì a Milano. Qui conobbe il Monti ed il Foscolo e qui cominciò a scrivere, all'incirca dal 1812, specialmente per il teatro, ideando tragedie formalmente ancora classiche, ma già romantiche da un punto di vista contenutistico. Nel 1815 fu rappresentata la sua tragedia 'Francesca da Rimini', in cui l'episodio dantesco venne interpretato alla luce delle forti influenze romantiche e risorgimentali con le quali Silvio Pellico era entrato in contatto nella città lombarda; sempre a Milano fu per qualche tempo direttore del Conciliatore. Fu proprio a causa del suo profondo afflato patriottico che nel '20 venne arrestato con l'accusa di carboneria: condannato a morte, la sentenza fu commutata in 15 anni di carcere duro, da scontare nella fortezza di Spielberg, in Moravia. Nel 1830 arrivò anticipatamente la grazia imperiale e, tornato in Italia, lo scrittore scelse Torino, si ritirò completamente dalla politica attiva e si estraniò dai circoli letterari, vivendo grazie ad un posto di bibliotecario presso la marchesa di Barolo. Ad ogni modo non dimenticò l'esperienza carceraria, un evento che divenne il soggetto dell'opera memorialistica 'Le mie prigioni', del 1832.
Nello scritto, il più conosciuto dell'autore, si narrano l'arresto, la vita nel carcere e la liberazione dello stesso Pellico, che volle però porre l'accento (in stile manzoniano) sul percorso spirituale legato alla vicenda, i cui effetti furono la riscoperta della fede ed una rassegnata indulgenza verso l'esistenza e verso gli esseri umani. Tanto in carcere quanto dopo la liberazione compose diverse tragedie (Ester d'Engaddi, Iginia d'Asti, Gismonda, Erodiade, Tommaso Moro), alcune cantiche (Tancredi, Morte di Dante) e varie liriche. Morì a Torino il 31 gennaio 1854