J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
Al ritorno da una escursione o da una semplice passeggiata,
passando per i campi ed i boschi dell'Appennino, ci portiamo
a casa ricordi di dolci colline e di paesaggi verdeggianti,
punteggiati da fioriture dalle mille tonalità di
bianco, rosso giallo e blu.
Agli occhi inesperti dei più, questo può essere
sufficiente. Sono state senz'altro sensazioni bellissime,
ma sarebbe importante, quando ci si imbatte in un albero
maestoso o nello splendore di un bel fiore colorato, riuscire
a riconoscerli ed identificarli con il loro nome.
Conosciamo tantissimi nomi di piante ma spesso, quando le
incontriamo, non riusciamo a distinguerle: ciclamini, mughetti,
orchidee, gigli, campanule e felci. Come sono fatti si chiede
la maggior parte delle persone?
Il giardino botanico Nova Arbora può far loro conoscere,
in ogni stagione, la maggior parte delle piante che crescono
nellAppennino, attraverso una apposita cartellinatura,
con visite guidate e giornate tematiche dedicate alla flora
locale.
Nell'attesa di una vostra visita al giardino, per una conoscenza
più approfondita, visiva e tattile vorrei darvi qualche
informazione teorica su alcune piante tipiche del nostro
Appennino:
Nelle zone boscate, all'inizio della primavera troviamo
fiorite:
- la Primula vulgaris od acaulis il cui nome scientifico
deriva dal latino primis, in riferimento alla sua precocità.
È una pianta erbacea perenne che tappezza, con i
suoi fiori di un bel giallo zolfino, i boschi umidi e le
rive dei torrenti. Le sue foglie sono depurative e, nella
medicina popolare, con i suoi fiori, si prepara un calmante,
assai apprezzato per combattere l'insonnia e le palpitazioni;
- l'Anemone hepatica (in bolognese flåur d'la Trinitæ)
da hepatos che in greco vuole dire fegato per la sua foglia
a tre lobi che ricorda la forma del nostro fegato. Questi
fiori occhieggiano azzurri in mezzo alle foglie secche dei
querceti e castagneti.
LEpatica nel medio evo faceva parte di una serie di
piante che erano dette dei semplici per la credenza
che avendo caratteristiche e sembianze di organi umani,
fossero in grado di curarli. In questo caso la pianta veniva
usata per sanare il fegato;
- il Geraniun robertianum (in bolognese girâni salvâdg)
che, per l'inconfondibile odore acuto e penetrante è
detta anche erba cimicina, vive nei boschi ombrosi delle
colline e dei monti ed è pianta officinale usata
contro le emorragie;
- il Luppolo, Humulus luppulus (in bolognese loppel),
è una pianta perenne che cresce nei boschi umidi
e freschi e si arrampica fino ad una decina di metri, attorcigliandosi
in senso antiorario. Le infiorescenze femminili vengono
raccolte non ancora fecondate per conferire alla birra il
sapore amarognolo. Il loro uso ha una azione aromatizzante,
tonica, digestiva, depurativa, antispasmodica ed antisettica.
In cucina i suoi germogli detti bruscandoli, vengono utilizzati
per zuppe, minestre, frittate, e vengono altresì
lessati ed insaporiti in padella. È una pianta tinctoria
che dona ai tessuti naturali un color giallo oro antico
molto in voga nel 1500;
- l'Asparago, Asparagus officinalis (in bolognese sparzenna)
si rinviene nei boschi sabbiosi e caldi. È pianta
perenne rizomatosa che emette annualmente i fusti carnosi
detti "turioni",
che ne costituiscono la parte commestibile e si usano in
frittate e risotti a cui conferiscono un sapore più
marcato degli asparagi coltivati. Hanno proprietà
diuretiche e calmanti;
- il Ginepro, Yuniperus communis (in bolognese znâuver)
si presenta come un arbusto cespuglioso con un forte odore
resinoso. Porta i frutti, detti galbuli, dalla
forma sferica, verdi il primo anno e nero-bluastri
il secondo anno quando sono in piena maturazione. Vengono
utilizzati per amari, vini aromatici, grappe e per insaporire
carni e selvaggina.
Ha proprietà antisettiche, espettoranti, balsamiche
e digestive;
- il Pungitopo, Ruscus aculeatus (in bolognese punztôp),
è un basso frutrice sempreverde spontaneo nei boschi,
ha le foglie coriacee e mucronate. È proprio per
le sue foglie appuntite che veniva usato per difendere le
derrate alimentari dai topi che trovavano doloroso oltrepassare
una barriera di questa pianta. Veniva utilizzato in farmacologia
per le sue proprietà diuretiche e i suoi turioni
sono mangiati cotti da chi predilige i sapori amari.
Il termine dialettale "rusco" deriva dal nome
di questa pianta utilizzata dagli spazzini per farne scope
resistenti;
- l'Olivello spinoso, Hippophe rhamnoides, è un arbusto
spinoso e molto ramificato alto da 1 a 2 metri che cresce
in terreni sabbiosi, alluvionali ed assolati. Gli esemplari
femminili portano in estate frutti color arancione che persistono
sui rami fino al tardo inverno e sono molto appetiti dagli
uccelli. In cucina, con i suoi frutti, dal sapore acidulo,
si preparano ottime gelatine e sciroppi. Sono ricchissimi
di vitamina C (quattro volte più di un limone) e
hanno proprietà antiscorbute ed astringenti;
Finisco il mio excursus con l'Olmo, Ulmus campestre. È
un albero che cresce su suoli profondi e freschi, molto
longevo; può raggiungere anche 500 anni di vita,
ma che da alcuni decenni è decimato da una malattia
fungina detta grafiosi che non gli permette di diventare
adulto. Un tempo era usatissimo per "maritare"
la vite perché ne sosteneva i tralci durante la fruttificazione.
Seguiva l'uomo anche in casa. Numerose erano le credenze
della nonna costruite con questo legno
biondo e duro. Oggi non ci resta che gustarne i suoi frutti
detti "samare" che, quando sono ancora verdi
e teneri, hanno un delizioso gusto di noce ed arricchiscono
di uno speciale sapore le nostre insalate.
Donatella Mongardi
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