"Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva
dal basso per chiudere verso sud il continente tra due mari (....) è un così bizzarro groviglio di pareti montuose a ridosso l'una dall'altra;
spesso non si può nemmeno distinguere in che direzione scorre l'acqua."
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
Storia sull'Appennino Tosco - Emiliano.
Scritti di Claudio Evangelisti
Titolo: IL MULINO DI ROCCA PITIGLIANA DAL 1500 AD OGGI (2013-05-05)
‘E MULEIN D’LA ROCA
Pitigliano, oggi ROCCA PITIGLIANA, è uno dei tanti centri minori della montagna bolognese che ebbero nel Medio Evo una vita rigogliosa. Ai tempi della contessa Matilde di Canossa i crociati che andavano ad imbarcarsi a Pisa passavano sulla strada di Pitigliano, imbattendosi in quella che è l'attuale e possente Chiesa, scolpita nella roccia al centro del paese, che in precedenza fu un castello che rientrava fra i possedimenti della Contessa Matilde. Dal catasto gregoriano si ha notizia che nel 1547, all’entrata del paese vi era una casa torre che probabilmente aveva il compito di controllare il passaggio sull’antico ponte in pietra che attraversa il torrente Marano. Successivamente la casa torre fu ampliata e sfruttando l’energia del torrente Marano che nasce dalle pendici del santuario del Malandrone e sfocia nel Reno, diventò il Mulino della Rocca. Fino all’inizio degli anni ’60 il mulino ad acqua funzionò per gli abitanti di Rocca Pitigliana e per i contadini dei paesi confinanti. Tre delle cinque macine erano state azionate con un motore elettrico come d’uso in quei tempi. La signora Benilde Degli Esposti ricorda ancora quando in quel periodo, sua madre scaricava i sacchi pieni di castagne portati dai somari dei contadini della zona e macinava la farina nelle macine che si presentavano incise diversamente a seconda del prodotto che dovevano macinare : grano, castagne e ghiande. I sacchi venivano svuotati nelle tramogge e il prodotto finiva nell’occhio della macina a ruota orizzontale che girava producendo la farina raccolta nel cassone situato sotto di essa. Prima di essere abbandonato, il mulino fu trasformato in falegnameria dalla famiglia Venturi e il 21 marzo del 1999 i coniugi Eugenia e Armando Ballotta, acquistarono i ruderi dalla famiglia Raimondi e iniziarono a progettare la ristrutturazione del Muléin d’la Ròca. Rimasti ammaliati dal fascino dell’antico opificio posto in zona di confine tra il territorio che fu soggetto agli antichi signori di Affrico e i famigerati conti di Panico, ebbero subito la sensazione di aver trovato il luogo che cercavano da oltre un anno. Nel 2001 ebbero inizio i lavori che si conclusero nel 2009 con la perfetta ricostruzione della sala macine. Contrariamente a quanto succede per le costruzioni moderne, il lungo protrarsi del cantiere si è trasformato nell’occasione per poter individuare senza fretta le soluzioni ottimali che hanno consentito il buon esito della difficile operazione di ristrutturazione. I coniugi Ballotta, avvalendosi dello scalpellino Pandolfini che rimane l’unico superstite dell’antica tradizione dei maestri comacini di Campolo, hanno utilizzato un sapiente mix di tecnologia e artigianato locale nell’assoluto rispetto dei vincoli architettonici e paesaggistici che ha permesso di restituire il poderoso mulino in pietra al suo antico splendore. L’invaso (Botte) che raccoglieva l’acqua deviata dal torrente è stato trasformato in una piccola piscina e gli innumerevoli interventi di ristrutturazione hanno permesso di ritrovare sotto il pavimento della cucina, gli scarti della lavorazione delle antiche macine che furono usate come pavimentazione e che oggi son ben visibili. Dopo due anni di lavori sono stati recuperati i meccanismi e le ruote delle 5 macine che oggi fanno bella mostra di sé. Il 22 agosto del 2009 i coniugi Ballotta in collaborazione con la locale Pro Loco hanno aperto il mulino agli abitanti del paese offrendo la Bandìga che ha sancito la fine dei lavori. Oggi a conclusione dei lavori resta un unico rammarico: non è stato possibile ricostruire la scritta presente un tempo nella facciata della casa, di cui per ora è stata lasciata traccia. C’è ancora chi ricorda una scritta con le caratteristiche quasi di preghiera o forse un saluto di Mauro, l’ultimo mugnaio del Muléin d’la Roca. Questo antico mulino è tornato a vivere per merito di Eugenia Pesci e Armando Ballotta che lo considerano come un luogo che in passato è appartenuto un pò a tutti ed ora, dopo averlo recuperato nel rispetto della sua storia, danno volentieri la possibilità alle scolaresche di visitarlo. Per informazioni e contatti potete inviare una mail a:armando.ballotta@sogese.com
Claudio Evangelisti
Note: Il sig Melotti novantenne abitante a Bologna dice che il Mulino della Rocca di Pitigliana potrebbe essere il mulino sito sul fiume Marano in località Nedo-Nede . Ciò risulta da un libro su Gaggio che riporta un’estimo del 1475 su Rocca Pitigliana. Altri Mulini nelle vicinanze sono : Il Molinazzo mulino provvisto di Gualtiera (stringi e asciuga panni) e un mulino in zona Fenocchio.
Scritti di Claudio Evangelisti
Titolo: IL MULINO DI ROCCA PITIGLIANA DAL 1500 AD OGGI (2013-05-05)
‘E MULEIN D’LA ROCA
Pitigliano, oggi ROCCA PITIGLIANA, è uno dei tanti centri minori della montagna bolognese che ebbero nel Medio Evo una vita rigogliosa. Ai tempi della contessa Matilde di Canossa i crociati che andavano ad imbarcarsi a Pisa passavano sulla strada di Pitigliano, imbattendosi in quella che è l'attuale e possente Chiesa, scolpita nella roccia al centro del paese, che in precedenza fu un castello che rientrava fra i possedimenti della Contessa Matilde. Dal catasto gregoriano si ha notizia che nel 1547, all’entrata del paese vi era una casa torre che probabilmente aveva il compito di controllare il passaggio sull’antico ponte in pietra che attraversa il torrente Marano. Successivamente la casa torre fu ampliata e sfruttando l’energia del torrente Marano che nasce dalle pendici del santuario del Malandrone e sfocia nel Reno, diventò il Mulino della Rocca. Fino all’inizio degli anni ’60 il mulino ad acqua funzionò per gli abitanti di Rocca Pitigliana e per i contadini dei paesi confinanti. Tre delle cinque macine erano state azionate con un motore elettrico come d’uso in quei tempi. La signora Benilde Degli Esposti ricorda ancora quando in quel periodo, sua madre scaricava i sacchi pieni di castagne portati dai somari dei contadini della zona e macinava la farina nelle macine che si presentavano incise diversamente a seconda del prodotto che dovevano macinare : grano, castagne e ghiande. I sacchi venivano svuotati nelle tramogge e il prodotto finiva nell’occhio della macina a ruota orizzontale che girava producendo la farina raccolta nel cassone situato sotto di essa. Prima di essere abbandonato, il mulino fu trasformato in falegnameria dalla famiglia Venturi e il 21 marzo del 1999 i coniugi Eugenia e Armando Ballotta, acquistarono i ruderi dalla famiglia Raimondi e iniziarono a progettare la ristrutturazione del Muléin d’la Ròca. Rimasti ammaliati dal fascino dell’antico opificio posto in zona di confine tra il territorio che fu soggetto agli antichi signori di Affrico e i famigerati conti di Panico, ebbero subito la sensazione di aver trovato il luogo che cercavano da oltre un anno. Nel 2001 ebbero inizio i lavori che si conclusero nel 2009 con la perfetta ricostruzione della sala macine. Contrariamente a quanto succede per le costruzioni moderne, il lungo protrarsi del cantiere si è trasformato nell’occasione per poter individuare senza fretta le soluzioni ottimali che hanno consentito il buon esito della difficile operazione di ristrutturazione. I coniugi Ballotta, avvalendosi dello scalpellino Pandolfini che rimane l’unico superstite dell’antica tradizione dei maestri comacini di Campolo, hanno utilizzato un sapiente mix di tecnologia e artigianato locale nell’assoluto rispetto dei vincoli architettonici e paesaggistici che ha permesso di restituire il poderoso mulino in pietra al suo antico splendore. L’invaso (Botte) che raccoglieva l’acqua deviata dal torrente è stato trasformato in una piccola piscina e gli innumerevoli interventi di ristrutturazione hanno permesso di ritrovare sotto il pavimento della cucina, gli scarti della lavorazione delle antiche macine che furono usate come pavimentazione e che oggi son ben visibili. Dopo due anni di lavori sono stati recuperati i meccanismi e le ruote delle 5 macine che oggi fanno bella mostra di sé. Il 22 agosto del 2009 i coniugi Ballotta in collaborazione con la locale Pro Loco hanno aperto il mulino agli abitanti del paese offrendo la Bandìga che ha sancito la fine dei lavori. Oggi a conclusione dei lavori resta un unico rammarico: non è stato possibile ricostruire la scritta presente un tempo nella facciata della casa, di cui per ora è stata lasciata traccia. C’è ancora chi ricorda una scritta con le caratteristiche quasi di preghiera o forse un saluto di Mauro, l’ultimo mugnaio del Muléin d’la Roca. Questo antico mulino è tornato a vivere per merito di Eugenia Pesci e Armando Ballotta che lo considerano come un luogo che in passato è appartenuto un pò a tutti ed ora, dopo averlo recuperato nel rispetto della sua storia, danno volentieri la possibilità alle scolaresche di visitarlo. Per informazioni e contatti potete inviare una mail a:armando.ballotta@sogese.com
Claudio Evangelisti
Note: Il sig Melotti novantenne abitante a Bologna dice che il Mulino della Rocca di Pitigliana potrebbe essere il mulino sito sul fiume Marano in località Nedo-Nede . Ciò risulta da un libro su Gaggio che riporta un’estimo del 1475 su Rocca Pitigliana. Altri Mulini nelle vicinanze sono : Il Molinazzo mulino provvisto di Gualtiera (stringi e asciuga panni) e un mulino in zona Fenocchio.