"Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva
dal basso per chiudere verso sud il continente tra due mari (....) è un così bizzarro groviglio di pareti montuose a ridosso l'una dall'altra;
spesso non si può nemmeno distinguere in che direzione scorre l'acqua."
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)
Storia sull'Appennino Tosco - Emiliano.
Scritti di Claudio Evangelisti
Titolo: EI FRABAZ IL GUARITORE DI QUI (2014-11-17)
A metà strada tra superstizione e fede, credenze pagane e medicina popolare, ci sono aree del territorio della montagna in cui ancora resistono tradizioni e pratiche che rischiano l'oblio. Del malocchio se ne parla fin dai tempi degli antichi romani, mentre attorno al 1500 erano molto attivi soprattutto nel nordest, i beneandanti, guaritori girovaghi la cui protezione si estendeva anche alle bestie, ai contadini e alle loro famiglie. Alcuni benandanti sostenevano inoltre di saper guarire le malattie e fu così che subirono le "attenzioni" della Santa Inquisizione, finendo per scomparire del tutto. Dalle nostre parti, pratiche come il sendà, per scoprire e togliere il malocchio, non sono affatto cose appartenenti al passato, né dimenticate. I ricercatori locali come Adriano Simoncini e Antonio Santi concordano nell'affermare che la tradizione della sgnadura (la segnatura) sopravvive. Aglio, carbone, cordoncini, olio, erbe sono alcuni dei materiali usati per certi riti. La iettatura si accompagna sempre alla famosa frase «non è vero ma ci credo» ecco perché alla fine chi è a conoscenza di certe pratiche se ne serve, che tanto, male non fa. All'inizio del 1900 a Quinzano, operava riti magici "ei Frabàz", il fabbro del paese che si distingueva per ingegno e per l'istrionico atteggiamento che catalizzava la curiosità dei suoi compaesani. Forte come un toro, oltre a battere il martello sul ferro rovente a torso nudo, plasmando attrezzi da campagna, sapeva guarire le distorsioni, togliere il malocchio e leggere le carte. Era ei stariòn, lo stregone guaritore dal quale venivano fin dalla Toscana <<a strulghes>> a farsi consultare. Si chiamava Augusto Monti e la voce narrante che lo descrive è quella della conosciuta scrittrice Graziana Monti che oltre ad esserne la nipote, ha ereditato dal nonno paterno la passione nel raccontare le cose semplici di un mondo arcaico ormai scomparso. <<Mio nonno, racconta la scrittrice, era conosciuto per le sue capacità guaritrici e curava dal malocchio persone ed animali senza mai pretendere nulla in cambio se non doni in natura che venivano poi elargiti volontariamente dagli sventurati a guarigione avvenuta. Un giorno, proveniente dalla Toscana, venne a Quinzano un signore a cavallo: << Dov'e' il santone? Mi muoiono tutte le bestie nella stalla>> Mio nonno lo accolse nella fucina e per stabilire se la sua stalla era stato colpita da una maledizione, mise dell'acqua in una scodella facendovi cadere tre gocce d'olio. Accertata la presenza del malocchio, si ritirò nel retro per eseguire gli opportuni scongiuri, terminati i quali rientrò al cospetto del malcapitato e predisse: << morirà solo una bestia>>. Dopo alcuni giorni si verificò quanto diagnosticato e quel signore proveniente da Caburaccia, tornò da mio nonno dicendogli che aveva salvato la sua mandria di mucche e pecore e per riconoscenza portò in dono due agnelli, sei formaggi enormi, due galletti, un secchio di ricotta e tre grossi panetti di burro. Il nonno gradiva molto le cose che gli portavano, soprattutto perchè pregustava la soddisfazione di donare a sua volta e di invitare amici e parenti alla bandìga.>> Celebre e ricercata era la sua bevanda ricostituente, toccasana a base di ferro ideale per gli anemici e per contrastare la debolezza dovuta ai patimenti della fame: Monti arroventava del ferro fino a farlo diventare liquido e lo colava dentro a un paiolo di vino rosso al quale aggiungeva dello zolfo perchè diceva rinfrescasse…<< quest ei rinfresca!>> poi aggiungeva altre polveri di cui solo lui sapeva la natura e una volta che il ferro aveva terminato di sfrigolare, ecco pronto <<e vein arzari>> come lui lo chiamava. Aveva inventato anche un miscuglio che bloccava la moria dei polli e li guariva da malattie varie. Sua nipote Graziana racconta che era un mangiatore formidabile: <<Una mattina per colazione mangiò e bevve una quantità esagerata che cascò per terra. Lo portammo a letto dove dormì due giorni di seguito mentre gli applicavamo le sanguisughe sotto le orecchie.>> Monti era anche un innovatore nel campo dell'agricoltura, possedeva infatti quella che lui chiamava macchina a fuoco e cioè una delle primi trebbiatrici a vapore dell'epoca con la quale andava spesso a trebbiare il grano in Toscana stando via anche un mese. Nonostante i riti magici prevedessero invocazioni a Sant'Antonio, protettore degli animali, i guaritori spesso si rifacevano agli antichi culti pagani che venivano mischiati con i riti devozionali cristiani. Ei Frabàz non era un cattolico praticante, non era mai entrato in una chiesa, ma per rispetto, si toglieva il cappello quando all'ora dell'Ave Maria tutta la sua famiglia si riuniva in casa per recitare il rosario. Nell'inverno del 1944 durante l'incalzare dei bombardamenti da parte degli americani, sembrò che fosse giunta la sua ora, venne chiamato il prete per impartire l'estrema unzione ma quando vide i suoi libri con dei diavoli rossi sogghignanti disegnati sul frontespizio, si infuriò tantissimo e se li portò via insieme alle due grosse pistole con tamburo cariche che teneva sul comodino. Ei Frabàz, quasi come fosse tornato dall'aldilà, rinvenne e accortosi dell'accaduto fece fuoco e fiamme! Per calmarlo gli fecero avere un bel libro di grandi dimensioni e dall'aspetto importante. Ma da lì a poco Monti se ne andò per sempre. Dato l'infuriare dei combattimenti la sua salma fu prelevata da una jeep della Police Military e portata al cimitero di Scanello dove fu posta la grande croce di ferro che lui stesso aveva forgiato per l'occasione. Ha lasciato in eredità a sua nipote la bravura nel raccontare storie e favole. Graziana Monti, classe 1928 ha pubblicato due volumi : "Ricchezze e miserie di altri tempi" e "Quando gli spiriti erano di casa" raccolte di racconti per i quali ha avuto la soddisfazione di essere menzionata nel volume: "Talenti, figure di donne nella provincia di Bologna". Sua figlia Marta Grillini è un'apprezzata pittrice locale.
Scritti di Claudio Evangelisti
Titolo: EI FRABAZ IL GUARITORE DI QUI (2014-11-17)
A metà strada tra superstizione e fede, credenze pagane e medicina popolare, ci sono aree del territorio della montagna in cui ancora resistono tradizioni e pratiche che rischiano l'oblio. Del malocchio se ne parla fin dai tempi degli antichi romani, mentre attorno al 1500 erano molto attivi soprattutto nel nordest, i beneandanti, guaritori girovaghi la cui protezione si estendeva anche alle bestie, ai contadini e alle loro famiglie. Alcuni benandanti sostenevano inoltre di saper guarire le malattie e fu così che subirono le "attenzioni" della Santa Inquisizione, finendo per scomparire del tutto. Dalle nostre parti, pratiche come il sendà, per scoprire e togliere il malocchio, non sono affatto cose appartenenti al passato, né dimenticate. I ricercatori locali come Adriano Simoncini e Antonio Santi concordano nell'affermare che la tradizione della sgnadura (la segnatura) sopravvive. Aglio, carbone, cordoncini, olio, erbe sono alcuni dei materiali usati per certi riti. La iettatura si accompagna sempre alla famosa frase «non è vero ma ci credo» ecco perché alla fine chi è a conoscenza di certe pratiche se ne serve, che tanto, male non fa. All'inizio del 1900 a Quinzano, operava riti magici "ei Frabàz", il fabbro del paese che si distingueva per ingegno e per l'istrionico atteggiamento che catalizzava la curiosità dei suoi compaesani. Forte come un toro, oltre a battere il martello sul ferro rovente a torso nudo, plasmando attrezzi da campagna, sapeva guarire le distorsioni, togliere il malocchio e leggere le carte. Era ei stariòn, lo stregone guaritore dal quale venivano fin dalla Toscana <<a strulghes>> a farsi consultare. Si chiamava Augusto Monti e la voce narrante che lo descrive è quella della conosciuta scrittrice Graziana Monti che oltre ad esserne la nipote, ha ereditato dal nonno paterno la passione nel raccontare le cose semplici di un mondo arcaico ormai scomparso. <<Mio nonno, racconta la scrittrice, era conosciuto per le sue capacità guaritrici e curava dal malocchio persone ed animali senza mai pretendere nulla in cambio se non doni in natura che venivano poi elargiti volontariamente dagli sventurati a guarigione avvenuta. Un giorno, proveniente dalla Toscana, venne a Quinzano un signore a cavallo: << Dov'e' il santone? Mi muoiono tutte le bestie nella stalla>> Mio nonno lo accolse nella fucina e per stabilire se la sua stalla era stato colpita da una maledizione, mise dell'acqua in una scodella facendovi cadere tre gocce d'olio. Accertata la presenza del malocchio, si ritirò nel retro per eseguire gli opportuni scongiuri, terminati i quali rientrò al cospetto del malcapitato e predisse: << morirà solo una bestia>>. Dopo alcuni giorni si verificò quanto diagnosticato e quel signore proveniente da Caburaccia, tornò da mio nonno dicendogli che aveva salvato la sua mandria di mucche e pecore e per riconoscenza portò in dono due agnelli, sei formaggi enormi, due galletti, un secchio di ricotta e tre grossi panetti di burro. Il nonno gradiva molto le cose che gli portavano, soprattutto perchè pregustava la soddisfazione di donare a sua volta e di invitare amici e parenti alla bandìga.>> Celebre e ricercata era la sua bevanda ricostituente, toccasana a base di ferro ideale per gli anemici e per contrastare la debolezza dovuta ai patimenti della fame: Monti arroventava del ferro fino a farlo diventare liquido e lo colava dentro a un paiolo di vino rosso al quale aggiungeva dello zolfo perchè diceva rinfrescasse…<< quest ei rinfresca!>> poi aggiungeva altre polveri di cui solo lui sapeva la natura e una volta che il ferro aveva terminato di sfrigolare, ecco pronto <<e vein arzari>> come lui lo chiamava. Aveva inventato anche un miscuglio che bloccava la moria dei polli e li guariva da malattie varie. Sua nipote Graziana racconta che era un mangiatore formidabile: <<Una mattina per colazione mangiò e bevve una quantità esagerata che cascò per terra. Lo portammo a letto dove dormì due giorni di seguito mentre gli applicavamo le sanguisughe sotto le orecchie.>> Monti era anche un innovatore nel campo dell'agricoltura, possedeva infatti quella che lui chiamava macchina a fuoco e cioè una delle primi trebbiatrici a vapore dell'epoca con la quale andava spesso a trebbiare il grano in Toscana stando via anche un mese. Nonostante i riti magici prevedessero invocazioni a Sant'Antonio, protettore degli animali, i guaritori spesso si rifacevano agli antichi culti pagani che venivano mischiati con i riti devozionali cristiani. Ei Frabàz non era un cattolico praticante, non era mai entrato in una chiesa, ma per rispetto, si toglieva il cappello quando all'ora dell'Ave Maria tutta la sua famiglia si riuniva in casa per recitare il rosario. Nell'inverno del 1944 durante l'incalzare dei bombardamenti da parte degli americani, sembrò che fosse giunta la sua ora, venne chiamato il prete per impartire l'estrema unzione ma quando vide i suoi libri con dei diavoli rossi sogghignanti disegnati sul frontespizio, si infuriò tantissimo e se li portò via insieme alle due grosse pistole con tamburo cariche che teneva sul comodino. Ei Frabàz, quasi come fosse tornato dall'aldilà, rinvenne e accortosi dell'accaduto fece fuoco e fiamme! Per calmarlo gli fecero avere un bel libro di grandi dimensioni e dall'aspetto importante. Ma da lì a poco Monti se ne andò per sempre. Dato l'infuriare dei combattimenti la sua salma fu prelevata da una jeep della Police Military e portata al cimitero di Scanello dove fu posta la grande croce di ferro che lui stesso aveva forgiato per l'occasione. Ha lasciato in eredità a sua nipote la bravura nel raccontare storie e favole. Graziana Monti, classe 1928 ha pubblicato due volumi : "Ricchezze e miserie di altri tempi" e "Quando gli spiriti erano di casa" raccolte di racconti per i quali ha avuto la soddisfazione di essere menzionata nel volume: "Talenti, figure di donne nella provincia di Bologna". Sua figlia Marta Grillini è un'apprezzata pittrice locale.