"Gli Appennini sono per me un pezzo meraviglioso del creato. Alla grande pianura della regione padana segue una catena di monti che si eleva dal basso per chiudere verso sud il continente tra due mari (....) è un così bizzarro groviglio di pareti montuose a ridosso l'una dall'altra; spesso non si può nemmeno distinguere in che direzione scorre l'acqua."
J. W. Goethe, Viaggio in Italia (1786 - 1788)

Il sommergibile dell’Appennino

Articolo:
Dott. Enzo Chiarullo Responsabile Ufficio Stampa e Comunicazioni Comune di Sasso Marconi.


Realizzato nel 1900 da un artigiano di Silla un prototipo di sottomarino per l’ispezione dei relitti sommersi

In occasione del centenario del naufragio del transatlantico Titanic proponiamo ai lettori un tema curioso che coinvolge il nostro Appennino nei grandi disastri in mare: una vicenda che ci ha appassionato anche perché caratterizzata da qualche piccolo mistero… tutto da svelare con nuovi documenti e nuove testimonianze.

Il fatto potrebbe essere riassunto in questo modo: nel 1901 Agostino Lenzi, un bravo fabbro di Silla (nel territorio della provincia bolognese di Porretta Terme), realizza un prototipo di sommergibile per partecipare ad un prestigioso premio dedicato ai mezzi di salvataggio in mare. Il premio è organizzato a Le Havre in Francia ed è intitolato ad Anthony Pollok, facoltoso avvocato americano (di origine ungherese) scomparso insieme alla moglie durante il naufragio del transatlantico La Bourgogne il 4 luglio 1898 al largo delle coste francesi.

Non è ancora del tutto chiaro come mai il nostro artigiano porrettano abbia deciso di lanciarsi in questa impegnativa operazione ma possiamo fare riferimento ad alcuni fatti importanti per meglio definire il contesto.
Il naufragio de La Bourgogne è stato certamente un “fatto mediatico” di grande rilevanza per l’epoca. I giornali ne hanno parlato moltissimo, gli illustratori si sono sprecati a riportare nei minimi particolari i dettagli delle scialuppe di salvataggio cariche di naufraghi, la sofferenza sui volti, gli squarci nelle fiancate della nave entrata in collisione con un’imbarcazione inglese, le onde che imperversano sui corpi e sugli oggetti sparsi per mare… In un’epoca non ancora viziata dal video, dalla fotografia e dalla radio, eventi di questa portata erano senz’altro sulla bocca di tutti ed impressionavano moltissimo i nostri antenati, scatenando emozioni forti e un senso di partecipazione.

Stiamo parlando di un’epoca di grandi invenzioni, quelle che avrebbero cambiato per sempre uno stile di vita rimasto immobile per lungo tempo e legato ai ritmi della natura e delle stagioni: le grandi sfide dell’uomo per attraversare gli oceani, volare, treni e motori veloci. In quegli anni l’illuminazione a petrolio cede il passo alla luce elettrica, nasce il cinema, si diffonde la fotografia, il sistema industriale si sovrappone alla produzione agricola, si usa il telefono e qui, sulle nostre colline, un giovanissimo Guglielmo Marconi scopre che le onde elettromagnetiche possono consentire le comunicazioni a qualsiasi distanza.

Marconi certamente era a conoscenza del naufragio del Le Bourgogne e proprio in seguito ad altri clamorosi incidenti di mare come quelli successivi del Republic e del Titanic (dove molti naufraghi furono salvati grazie al radiotelegrafo di bordo) lo scienziato consolidò fama e ricchezza vincendo anche il Premio Nobel per la fisica e facendo crescere la sua impresa con grande successo internazionale. Ma un po’ del suo genio era nell’aria tra queste colline, e forse il vento ne ha portato un po’ a Silla dove il nostro fabbro, stimolato dal premio in denaro messo in palio dalla famiglia Pollok o perché, più probabilmente, contagiato dal fermento dell’epoca per le grandi imprese, si lancia nella costruzione di un congegno che sfida la natura portando un essere umano sul fondo del mare. Realizza il progetto, produce il prototipo, fa tutte le prove e i collaudi necessari e lo spedisce a Le Havre in treno (il curioso oggetto è quindi passato anche dalla stazione di Sasso Marconi) per partecipare al concorso.
Non conosciamo l’esito della premiazione del 1901 ma nell’appassionarci a questa storia abbiamo scoperto che ci sono molto incroci interessanti, tutti da approfondire. Anthony Pollok era il potente avvocato che riuscì ad accreditare negli USA Graham Bell come inventore del telefono, vanificando tutto il lavoro del nostro Antonio Meucci (solo recentemente riconosciuto ufficialmente come il vero papà del telefono) e aveva grossi interessi nella Western Union, società per la stesura e gestione dei cavi telegrafici in forte concorrenza con la società di Marconi per quanto riguarda i sistemi di comunicazione.

Ritornando al “sommergibile” è necessario dire che, dopo essere stato ritrovato da Francesco Guccini (un appassionato di storia locale che non è il noto cantautore n.d.r.), nel corso degli ultimi vent’anni è stato oggetto di ricerche approfondite. Guccini ha infatti raccolto molto materiale documentale che ne tracciasse la storia e, al fine di approfondirne le origini e la funzionalità tecnica, ha esteso la sua ricerca fino a recarsi recentemente a Le Havre dove ha istituito rapporti di collaborazione con i musei del settore portuale e della navigazione, con storici ed esperti a diversi livelli (un particolare aiuto è stato dato dal pilota portuale di Le Havre, Philippe Valetoux).

Intanto è iniziata l’analisi tecnica di questo particolare battello di salvataggio, ad iniziare delle particolari borchie utilizzate per realizzare la camera stagna dentro cui una persona potesse alloggiare sul fondo del mare, respirando grazie ad un sistema di pompa a doppio effetto, protetto dal guscio in ferro e da un vetro “a tenuta”. Ciò che risulta evidente ammirando il “sommergibile porrettano” è l’abilità artigiana del suo inventore e, al tempo stesso, la sua personale propensione alle grandi imprese, fattori che lo hanno successivamente portato a mettere a punto nuovi e apprezzati congegni e hanno fatto sì che fosse ricordato da amici, parenti e familiari, come una specie di genio.

Siamo certi che andando avanti nelle ricerche Guccini troverà nuovi indizi per dare al sommergibile di Agostino Lenzi la giusta collocazione tra le più ardite scommesse dell’uomo contro gli elementi naturali, e ci piace pensare che qui, tra le colline bolognesi, il seme del genio che ha stimolato intuizioni così importanti, non sia del tutto svanito. (Enzo Chiarullo)


"Per gentile concessione di Ufficio Stampa Sasso Marconi e Francesco Guccini"